Il Codice Rosso: criticità e prime applicazioni

Negli ultimi anni si è potuto assistere ad un crescente interesse da parte del paese e della comunità europea rispetto alle tematiche legate alla violenza domestica e alla violenza di genere. Basti ricordare la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, firmata ad Istanbul l’11 maggio 2011 e ratificata dall’Italia con L. 77/2013, o ancora la Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, attuata con D.Lgs. 212/2015. Tale tematica ha raggiunto molto probabilmente un picco d’attenzione a livello nazionale, sia da parte della comunità scientifica che del legislatore, con l’episodio della Sentenza della Corte Europea del 2 marzo 2017 (Talpis c. Italia), con cui lo Stato italiano è stato condannato a causa di un’imperizia rispetto ad una denuncia di violenza, sfociata poi in un tentato omicidio verso la querelante e il proprio figlio.

L’anno 2019 ha portato venti di cambiamento sia sul versante del diritto penale sostanziale che sul versante processuale con l’entrata in vigore della L. 69/2019 recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, sotto la nomenclatura di “Codice Rosso”. Con i suoi 21 articoli apporta delle sostanziali modifiche al codice penale su due binari differenti. Da un lato colmando determinate lacune in riferimento ad alcune condotte che finora, pur non essendo del tutto prive di rilevanza penale, non costituivano di per sé reato, quali ad esempio la pratica del revenge porn (precedentemente incriminabile solo se accompagnata da condotte estorsive), lo stalking, la violazione delle misure cautelari, sia introducendo nuove tipologie di reato quali per esempio il crimine di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso o la costrizione/induzione al matrimonio. Dall’altro lato prevede una modifica di articoli già esistenti attraverso un inasprimento delle pene per i reati commessi secondo gli articoli del codice penale: 572 “maltrattamenti contro familiari e conviventi”, 609-bisviolenza sessuale” e 609-tercircostanze aggravanti”, 609-quateratti sessuali con minorenne”, 609-quinquies “corruzione di minorenne”, 609-octies “violenza sessuale di gruppo”, 612-bis “atti persecutori”, 582 “lesione personale” e 583-quinquies “deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso” nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576 co. 1 n. 2, 5 e 5.1, art. 577 co. 1 n. 1, e art. 577 co. 2 c.p.. Il Codice Rosso si propone sin da subito come lente d’ingrandimento verso quel sottobosco di reati, che non trovavano un deterrente o perché le pene non erano adeguatamente rapportate alla tipologia di reato commesso o perché determinati comportamenti lesivi hanno eluso, in qualche modo, la rete di controllo del codice penale.

Le Procedure Penali

Altra importante novità riguarda il settore delle procedure penali. A tal riguardo, le modifiche protratte sono state pensate per creare un maggior sistema tutelare della persona offesa, nonché per imporre una reazione immediata alla notitia criminis al fine di impedire, in maniera coatta, il protrarsi e l’aggravarsi della situazione delittuosa. Nello specifico la modifica di maggior impatto riguarda l’art. 362 c.p.p. che prevede l’obbligo da parte delle Autorità incaricate, di assumere le informazioni entro e non oltre tre giorni dall’iscrizione della notizia del reato, impostando così una modalità di emergenza a priori nei confronti di tale tipologia di crimini. Viene inoltre aggiunta la condizione, imposta dall’art. 370 c.p.p., per cui l’ascolto venga eseguito direttamente dal Pubblico Ministero coadiuvato dalla presenza di uno specialista della comunicazione quale è lo psicologo. L’alternativa prevista dal medesimo articolo, qualora questa evenienza non sia possibile, prevede l’ascolto da parte della polizia giudiziaria entro e non oltre il tempo limite di cui sopra.

Il sotteso incoraggiamento alla denuncia e quindi l’abbattimento delle barriere omertose innalzate dalle stesse vittime, trova la propria soluzione nel suddetto Codice estendendo questa campagna anche su altre situazioni, a cui si può incorrere nei tempi a seguito della denuncia: si introduce così l’art. 282-ter, che prevede il divieto, quale misura cautelare, imposto dal giudice al reo di avvicinarsi alla persona offesa o di presentarsi nei luoghi abitualmente frequentati dalla stessa, e gli artt. 90-ter, 282-quater e 659 che consistono nel diritto della vittima di essere informata su qualsiasi decisione espressa dal giudice, anche in merito ad ipotesi di scarcerazione del reo o di modifica della pena. Anche qui la figura responsabile di tale compito è quella del Pubblico Ministero, che può avvalersi della polizia giudiziaria quale estensore della propria autorità.

La violenza di genere e la violenza domestica trovano origini differenti e definizioni ampie ed altrettanto dissimili.

Le intenzioni del Legislatore

Da quanto potuto esplicitare fin qui, le intenzioni del legislatore appaiono chiare: strutturare un sistema penalistico che abbia possibilità di intervento contro tutta una serie diversificata di reati che, in un’ottica più generale, rientrano all’interno del macrogruppo della violenza domestica e di genere. Ma la visione utopica che accompagna il Codice Rosso rischia di infrangersi nel confrontarsi con la realtà dei fatti, dove l’applicabilità in concreto di tali disposizioni non sembra realizzabile. In primis, nonostante la specificità dei reati modificati e introdotti nel codice penale a livello concettuale, bisogna tener presente che la violenza di genere e la violenza domestica trovano origini differenti e definizioni ampie ed altrettanto dissimili. Dal momento che la nozione della legge al riguardo non definisce tali termini, è assodato che il significato è da ricercare per l’uno (violenza domestica), nell’art. 3 co. 1 del D.Lgs. 93/2013 convertito nella L. 119/2013 (cd. legge sul femminicidio), e per l’altro (violenza di genere), nella Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012. Ad una lettura approfondita delle suddette enunciazioni, non si potrà fare a meno di notare l’ampiezza delle stesse, le quali, nonostante il tentativo di rintracciare tutte le varietà di reato legate alla tipologia, mostrano inevitabilmente un catalogo che risulta a colpo d’occhio incompleto. Ma l’impasse più compromettente si evidenzia nell’aspetto procedurale: in primis, l’etichettamento di urgenza impostato a priori su ogni denuncia legata ai suddetti reati, non permette una stratificazione e/o un’organizzazione gerarchica della mole di casi che si verrà ad affrontare. L’ingenua intenzione del legislatore apre quindi le porte ad un ossimoro concettuale di impossibile applicabilità, dal momento che le risorse a disposizione, non possono di certo coprire la mole di lavoro non solo per quantità, ma soprattutto per i tempi imposti; risulta chiara l’impossibilità di gestire in maniera esaustiva una tale molteplicità di richieste. Inoltre, appare di complessa risoluzione la tempistica di tale scelta, a seguito del D.L. 93/2013 che prevede una diminuzione delle risorse economiche destinate alle strutture di accoglienza per vittime di violenza. In pratica ci si è trovati ad affrontare un aumento della mole di lavoro a seguito di un depotenziamento delle strutture adibite a tale compito. La reattività di intervento pone problemi anche per quanto riguarda la selezione delle denunce, in quanto sappiamo che un procedimento penale una volta attivato non può essere annullato neanche per volere di chi il fatto lo denuncia. Tale impulsività procedurale, non permette di ponderare sulla natura delle dichiarazioni (rendendo così impossibile anche l’individuazione delle denunce fittizie) rischiando così di portare innumerevoli casi tutti classificabili come “prioritari”.

Dato il brevissimo tempo intercorso dall’introduzione del Codice Rosso ad oggi, non è possibile valutare gli effetti del suo contenuto sulla giurisprudenza, le istituzioni e la società; nonostante le falle evidenziate e le correzioni future, non possiamo però esimerci dal non tener conto dell’impatto comunicativo di tale decreto che finalmente, pone una lente d’ingrandimento su un problema sociale che da tempo sta opprimendo il nostro paese.

Dott.ssa Giulia Budini

Dott. Alessandro Maria Montoni

Dott. Jacopo Bruni

 

Bibliografia

Gittardi C., (2020), “Linee guida della Procura di Sondrio per l’attuazione delle disposizioni processuali della L 69/19 sul c.d. Codice Rosso”, Sistema Penale, 1/2020

Riccitelli S, (2020), “Il sistema penale di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Il doppio binario del codice rosso”, testo disponibile al sito: https://www.diritto.it/il-sistema-penale-di-tutela-delle-vittime-di-violenza-domestica-e-di-genere-il-doppio-binario-del-codice-rosso/

Russo D., Emergenza “Codice rosso”, Sistema Penale,1/2020

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