La violenza di genere: conoscerla e contrastarla

La c.d. legge sul femminicidio (d.l. 14 agosto 2013, n. 93, conv., con mod., dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119) ha introdotto nel settore del diritto penale sostanziale e processuale una serie di misure, preventive e repressive, per combattere la violenza contro le donne per motivi di genere. La violenza di genere racchiude al suo interno una serie di fatti di reato di diverso tipo (omicidio, maltrattamenti, stalking, percosse, lesioni).

Nella seconda parte tratto i fattori di rischio associati all’uxoricidio che si suddividono in quattro diverse categorie: caratteristiche del reo, caratteristiche della vittima, caratteristiche della relazione, caratteristiche del contesto in cui vivevano vittima e uxoricida.

La violenza domestica

Nell’ambito della violenza di genere, l’espressione “violenza domestica” (ossimoro che sovrappone l’idea di sicurezza che dovrebbe esprimere la domus e l’orrore dell’aggressione fisica e psicologica), differenziabile in molteplici tipi (sessuale, economica, ecc.), che non colpisce solo le donne ma anche altri soggetti (ad esempio bambini ed anziani, rientranti nelle fasce deboli della popolazione, ai quali si applicano le medesime norme di tutela), designa la violenza nella sfera familiare (più̀ in generale, “affettiva”, quindi non solo all’interno della famiglia in senso stretto), o violenza intradomestica (la patologia più allarmante relativa alla famiglia), che può trasformarsi da fenomeno di normale conflittualità di coppia in un fenomeno penalmente rilevante (ad esempio, maltrattamenti fisici e psicologici, abusi sessuali). La violenza domestica rappresenta un tabù socio-culturale, che ha fatto sì che molti reati restassero impuniti, e rimane tutt’ora un fenomeno difficile da accertare (e perseguire), un fenomeno sommerso, per la riluttanza delle vittime a denunciarla. Essa si caratterizza per l’esistenza di una relazione familiare o affettiva tra autore del reato e soggetto passivo, cioè per il fatto che l’autore della violenza è il partner intimo della vittima, o altro membro del gruppo familiare.

La nozione di “violenza domestica” ha ricevuto un riconoscimento giuridico per effetto (dell’art. 3, co.1, del d.l. n. 93 del 2013), stabilisce che tale forma di violenza, ai fini dell’applicazione della misura  preventiva extrapenale dell’ammonimento da parte del questore di chi abbia commesso, in ambito domestico, il reato di percosse o di lesioni personali lievissime non aggravato da altra previsione che le renda procedibili di ufficio.

Il concetto di violenza domestica, comprende:

  • Violenza fisica che comprende l’uso di qualsiasi atto volto a far male o a spaventare la vittima e nella maggior parte dei casi procura lesioni. L’ aggressione fisica non riguarda solo quei comportamenti che fisicamente ledono, ma s’intente anche ogni contatto fisico agito per spaventare e portare la donna in uno stato di soggezione e controllo da parte dell’aggressore (pedinare , molestare e controllare continuamente ciò che fa la partner);
  • la violenza psicologica che comprende una serie di atteggiamenti intimidatori, minacciosi, vessatori e denigratori da parte del partner, nonché tattiche di isolamento messe in atto dallo stesso. In certi casi il maltrattamento psicologico è cosi pesante che si ha un vero e proprio “lavaggio del cervello”;
  • la violenza sessuale che si intendono atteggiamenti legati alla sfera sessuale , quali le molestie sessuali e l’aggressione sessuale agita con costrizione e minaccia;
  • lo stalking che letteralmente significa “inseguire”, è un insieme di comportamenti volti a controllare e limitare la libertà della persona messi in atto da partner o ex partner, assume vere e proprie forme di persecuzione di cui sono vittime principalmente le donne.
  • laviolenza economica che è una forma più sottile di violenza, che consiste nel rendere la donna economicamente dipendente dal coniuge o ex coniuge o dal partner o ex partner, e che racchiude in sé ogni forma di privazione e controllo che limiti la sua indipendenza economica.

Negli anni precedenti al boom di questo fenomeno si parlava di Uxoricidio, composto dal latino uxor “moglie” e da un derivato di càedere “uccidere” (letteralmente omicidio del coniuge di sesso femminile, che allude all’uccisione di una donna in quanto moglie e che viene esteso anche al marito, cioè all’uccisione del coniuge in generale ), in quanto la fattispecie di uxoricidio è circoscritta e legata all’ambito di protezione della famiglia, mentre quella di femminicidio ha un ambito di applicazione più ampio perché mira a proteggere non la famiglia ma la donna vittima di violenza di genere, e non solo nell’ambito della famiglia ma all’interno di qualsiasi rapporto affettivo, anche non formalizzato.  La parola femminicidio contiene al suo interno due significati non sovrapponibili e anzi per certi versi contrastanti; da una parte la totalità degli atti di violenza maschile sulle donne (cioè ogni forma di discriminazione e violenza che le donne subiscono in quanto appartenenti al genere femminile); dall’altra non è l’insieme dei fatti violenti contro le donne ma è l’uccisone di una donna con un movente di genere, definita in origine con la parola femminicidio.

La nozione di “violenza domestica” ha ricevuto un riconoscimento giuridico per effetto (dell’art. 3, co.1, del d.l. n. 93 del 2013).

Fattori di rischio

I possibili fattori di rischio associati all’uxoricidio identificati da ricerche, sono stati sintetizzati in quattro diverse categorie:

  • caratteristiche del reo
  • caratteristiche della vittima
  • caratteristiche della relazione
  • caratteristiche del contesto in cui vivevano vittima e uxoricida

  1. I fattori di rischio possono agire in duplice modo: direttamente, incidendo sui pensieri omicidi e sulla possibilità di commetterli , o indirettamente attraverso una diminuita capacità cognitiva e comportamentale dell’autore di inibire i pensieri distruttivi e di fare del male alla vittima aumentando cosi il rischio dell’omicidio. Solitamente gli uomini che commettono gli uxoricidi sono socialmente svantaggiati (problemi economici, sono disoccupati e immigrati). L’omicida, similmente al maltrattante, da piccolo può aver subito o assistito ad abuso nel contesto familiare di provenienzaÈ raro che vi siano casi di uxoricidio non preceduti da minacce, aggressioni fisiche e/o sessuali. Si tratta di persone che presentano idee preconcette relative ai rapporti interpersonali uomo-donna, ai ruoli all’interno della famiglia, e che presentano stereotipi che influenzano negativamente la relazione perché non sono rispettosi del ruolo e della funzione altrui. Parlare di “proprietà”, di gelosia possessiva all’interno  di una relazione intima implica il desiderio di un controllo esclusivo nei confronti della donna e un senso di diritto nell’esercitarlo; i maltrattanti in generale e gli uxoricidi, potrebbero manifestare la presenza di questi atteggiamenti impedendo alle partner di svolgere le normali attività. Alcuni studi italiani hanno evidenziato la presenza, soprattutto nei casi di omicidio-suicidio, di disturbi psicopatologici. Molto spesso gli autori di uxoricidio hanno problemi legati all’abuso di sostanze.

  1. Per avere un quadro complessivo degli uxoricidi vanno individuate anche le caratteristiche delle vittime, tra cui la loro storia, il loro passato, il profilo di personalità e le circostanze che possono aver aumentano il rischio dell’uccisione. Questi fattori sono stati identificati come fattori di vulnerabilità in quanto la loro presenza potrebbe incrementare il rischio da parte della vittima di essere uccisa, in uno dei tre seguenti modi:
  • Aumentando la possibilità che la donna istauri una relazione con un uomo ad alto rischio di commettere femminicidi;
  • impedendole di percepire i rischi che corre nell’avere quella relazione;
  • diminuendo la possibilità che la donna stessa possa intraprendere delle azioni protettive una volta che sia chiaro anche a lei il rischio che sta correndo.

  1. I fattori di rischio dell’uxoricidio, che rientrano in questa categoria riguardano i sentimenti, gli atteggiamenti, i comportamenti fra i partner (attuali o ex), la natura e la qualità del legame emotivo, gli atteggiamenti relativi ai ruoli all’interno della coppia e il modo di interagire all’suo interno.

  1. Il tipo di sostegno disponibile fornito dalla società può contribuire a fungere da deterrente all’escalation della violenza e all’uxoricidio.

Nella maggior parte dei casi, parenti, amici, colleghi di lavoro erano a conoscenza dei problemi fra la vittima e l’omicida già prima del delitto.

È molto frequente trovare casi di uxoricidio ove vittima e autore erano già noti ai servizi disponibili sul territorio , come servizi sociali , centri antiviolenza , pronto soccorso, già prima dell’evento letale.

I casi di uxoricidio hanno evidenziato che la vittima spesso si era già rivolta a delle strutture, alla polizia, ai servizi sociali ma che il caso era stato trattato senza alcun coordinamento e comunicazione fra i servizi e i centri.

D. Vitale, C. Politi

 

Bibliografia

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Merli, A. (2015). Violenza di genere e femminicidio. Relazione svolta dall’Autore nel corso del Convegno “Riconoscere, Gestire e Neutralizzare l’evento Aggressivo”. Camerino.

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Vitale, D. M., Santilli, M., & Fontanesi L. (2017). Intimate partner violence: dall’abuso emotivo al femminicidio. In I. Petruccelli (a cura di), Elementi di Psicologia Giuridica e Criminologica. Roma: FrancoAngeli.

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