Coronavirus: tra realtà e psicosi

La recente situazione di allarme sociale andatasi a scatenare a livello globale a seguito della diffusione del Coronavirus (Covid-19) ha mostrato una serie di comportamenti di massa del tutto peculiari, ma non di certo nuovi rispetto ai contesti di emergenze sia sanitarie che di altro ordine. Il comportamento umano apparentemente insensato in tali contesti manifesta, invece, determinate schematicità che si ripresentano in maniera ciclica nella storia degli eventi. Gustave Le Bon, uno dei pionieri dello studio della psicologia delle masse, descrisse ciò che avviene all’interno della collettività, affermando che il fattore essenziale per definire un agglomerato di persone una folla, sia la presenza di una circostanza casuale che muova gli individui verso un’unica direzione. Quale circostanza migliore quindi per tale fenomeno, se non il rischio concreto di una contaminazione biologica globale? L’autore sopracitato sosteneva che proprio in queste circostanze, la forma mentis di massa acquisisce inevitabilmente caratteristiche proprie, assenti nel singolo individuo.

Allo stato attuale delle cose sia il contromovimento di massa che la stessa informazione mediatica tentano in qualche modo di inquadrare la situazione, cercando di definire la stessa attraverso l’uso di termini che, però, subiscono solamente un uso inflazionato privo di ogni contenuto manifesto. Trovano così spazio tra il gergo comune, vocaboli come “psicosi di massa” o “isteria di massa”.

Ma in tutto questo caos di emergenza sanitaria, polemiche, disinformazione e fake news, cosa (ci) sta succedendo?

Origine e leggende

Già nel dicembre 2019 i media segnalavano la presenza di un nuovo virus, a Wuhan in Cina, epicentro del contagio, nella fattispecie partito dal mercato del pesce, focolaio principale. Sin da subito il livello di allarmismo generale ha portato ad uno scenario di psicosi e isteria rilevanti, tanto da creare varie leggende sull’origine stessa del virus, tra cui una fuga dell’agente patogeno da qualche laboratorio segreto cinese, in primis la Wuhan National Biosafety Laboratory specializzata in ricerca di virus e batteri. Recentemente sono inoltre circolati sui social un audio e dei contenuti di un fantomatico italiano residente in Cina che affermava che il virus fosse una versione potenziata della SARS (Sindrome Respiratoria Acuta Grave). L’autore della registrazione riferisce anche di un volo con 200 passeggeri partito dal focolare del contagio e atterrato a Roma, naturalmente mai avvenuto. Questa eccessiva concentrazione di fake news ha purtroppo alimentato anche una certa xenofobia ed episodi di razzismo nei confronti della comunità cinese, ad esempio portando la popolazione italiana ad evitare punti vendita e ristoranti provenienti dal Paese del Dragone.

Tra meccanismi psicologici individuali e collettivi

Quando l’emozione governa sul pensiero, quando l’immagine regna sul concetto e l’impulsività ha la meglio sulla ragionevolezza si prepara il terreno per lo sviluppo di psicosi di massa. In tale contesto i ragionamenti di massa subiscono una grave involuzione fino alla primitività, in cui le associazioni di idee presentano solo legami apparenti “come quelle – secondo un esempio di Le Bon – “di un eschimese, il quale, sapendo per esperienza che il ghiaccio, corpo trasparente, si scioglie in bocca, ne deduce che il vetro, corpo pure trasparente, deve egualmente fondersi in bocca”. Si instaurano così nessi logici ed euristiche dove il rapporto tra emozioni e ragionamento inevitabilmente si inverte, dando vita così, ad atti fuori dal controllo razionale che seguono esclusivamente i moti casuali dell’eccitazione. Ora, la Nazione d’istinto pensa: “il problema non risiede più soltanto nell’altro estraneo da me, ma è anche in me”, la percezione del pericolo interno fa esplodere la psicosi di massa attraverso un fenomeno disintegrativo dell’unità collettiva e l’unione nazionale regredisce quasi ad uno stadio di feudalesimo regionale.

Tale scenario di diffidenza paranoica viene esteso quindi anche ai connazionali, fonti di potenziale contagio. Così la suggestione viaggia più rapidamente del virus e spiega come l’estremizzazione e la percezione smisurata del pericolo abbia indotto le persone anche ad un’altra tipologia di comportamento, dettata perlopiù dalle misure cautelari adottate dalle Istituzioni (come la quarantena), ad esempio la corsa a provviste di alimenti e beni di prima necessità. Il contagio, quindi, non avviene solo a livello biologico, ma anche psicologico attraverso l’influenza nevrotica figlia del flusso di informazioni del contesto attuale il cui risultato è la diffusione di un’idea quantomeno contorta nella sua semplificazione. Se la comunità avverte un disequilibrio, può dare vita al sentimento ego-distonico tipico delle nevrosi, in cui c’ è una parte non accettata, respinta nonostante risulti impossibile relegare tale fenomeno nell’oblio dell’inconscio.

La sintomatologia risulta chiara: la riduzione di concetti in semplici immagini emotivamente cariche. Questa escalation di situazioni ha portato anche a manovre speculative con prezzi alle stelle, soprattutto online, per gel igienizzanti e altri disinfettanti per mani, nonché per le mascherine, pressoché introvabili nei normali circuiti di vendita. I sentimenti manifestati dalla folla quindi presentano questo duplice carattere di semplicità ed esagerazione, avvicinando così l’uomo della folla alla condizione di primitivo. Non esistono modificazioni graduali e l’esagerazione di un sentimento libera la folla dal dubbio e dall’incertezza: il sospetto appena sfiorato si trasforma subito in evidenza indiscutibile: “se tossisci hai il coronavirus”. Tutto ciò poggia su una caratteristica peculiare delle masse che risiede nella mancanza di legame logico e d’analogia che collega idee anche tra loro contrapposte. Se le idee della massa acquisiscono una semplicità traducibile in immagini, esse mostrano la mera capacità di potersi sostituire l’una all’altra senza destare minimamente la coscienza del gruppo. George Orwell la descriveva particolarmente bene nel suo libro “1984” sotto la nomenclatura di bipensiero, descrivendo questa capacità di mantenere contemporaneamente attive due idee anche opposte tra loro, alternandole nella coscienza in base alle esigenze del contesto. L’assenza di spirito critico del pensiero di massa non consente ad esso di notare le contraddizioni.

Quindi la letalità del virus si accosta invece, alla sua innocuità quando paragonata al numero dei decessi annui causati dall’influenza ed il sapere che il cibo non è contaminabile non detronizza comunque l’idea che, nonostante tutto, al ristorante cinese/giapponese ‘è meglio non andare’. In sostanza è la nostra morale a dover fare i conti con la realtà, nel momento in cui l’unico modo per ostracizzare stress e paura è il sapere che le uniche vittime sono perlopiù ultrasessantacinquenni con malattie pregresse. Non si discute sulla pericolosità del contagio, piuttosto sulla reazione che il nostro paese ha, rispetto a tale pericolo. Le suggestioni, le esagerazioni e la sequenza rapida di informazioni che vengono giornalmente offerte si concentrano sui casi singoli, piuttosto che sui dati complessivi del fenomeno e sappiamo che un’esposizione eccessiva a questo tipo di trasmissione può incrementare una percezione della realtà notevolmente travisata, alimentando così sentimenti di paura, individualismo ed egocentrismo.

Dott. Alessandro Maria Montoni

Dott.ssa Giulia Budini

Dott. Jacopo Bruni

Prof.ssa Irene Petruccelli

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