La normativa in materia di audizione protetta

In ambito penale una delle situazioni in cui l* psicolog* giuridic* è chiamat* ad operare è quella dell’audizione protetta di una persona minorenne che entra in contatto con il sistema penale in qualità di vittima o testimone di reato. Generalmente l’audizione protetta può essere svolta o durante le indagini preliminari in seguito a una denuncia o querela, oppure in sede di incidente probatorio (una fase cioè che anticipa quella dibattimentale per permettere alla prova di essere “cristallizzata”). Principalmente queste sono le due volte in cui una persona minorenne viene ascoltata in ambito giudiziario, tuttavia è bene sapere che non sempre ci si limita a queste, nulla vieta al giudice del dibattimento di far testimoniare nuovamente la persona. Ma chi può essere ascoltato? L’art. 196 c.p.p. prevede che chiunque è idoneo a rendere testimonianza, questo è ciò che accade nella teoria dal momento che vi sono poi le eventuali eccezioni per le quali lo psicologo o la psicologa forense possono essere chiamati ad effettuare una consulenza tecnica, se con nomina del PM, o una perizia, se con nomina del GIP, per accertare l’idoneità a rendere testimonianza di quella persona.

L’audizione protetta nelle indagini preliminari

In tanto è bene specificare che trovandoci nella fase di indagini preliminari non è corretto parlare di testimonianza, dal momento che questo termine è usato per la fase dibattimentale del processo. Quello che alla/o psicologa/o viene chiesto di raccogliere sono sommarie informazioni testimoniali (SIT), che permettono al/la procuratore/trice di avere tutti gli elementi per decidere se chiedere l’archiviazione o il giudizio. Spesso l’audizione avviene durante la fase delle indagini preliminari ad opera, di rado, del Pubblico Ministero (art. 362 co.1-bis c.p.p.) o più spesso su delega alla polizia giudiziaria (art. 351 co.1-ter c.p.p.). In entrambi i casi, con la L. 172/2012, il PM o la PG incaricata devono essere affiancati da quello che il Codice di Procedura Penale definisce come “esperto in psicologia o in psichiatria infantile” allo scopo di tutelare la persona minorenne in una fase così delicata e di assicurare la genuinità dell’assunzione della fonte di prova. Non si entrerà qui nel merito della definizione molto vaga su chi sia un “esperto in psicologia o in psichiatria infantile”, perché fortunatamente è stata chiarita dai rispettivi Ordini professionali. Si vuole però far notare come al Pubblico Ministero non è lasciata la scelta circa la possibilità di nominare un/a consulente psicologo/a o psichiatra. Entrambi gli articoli nominati riportano “si avvale dell’ausilio…” non permettendo, quindi, l’opzione di effettuare autonomamente l’audizione protetta di una persona minorenne. La Legge comunque non si è fermata qua, in seguito al D. Lgs. 212/2015 questa procedura è stata allargata anche a “una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità”.

L’audizione protetta in incidente probatorio

Durante la fase delle indagini preliminari, in certuni casi il PM chiede al GIP (o al GUP in base al momento in cui ci troviamo) di procedere con l’incidente probatorio (art. 392 c.p.p.). Rispetto alla fase investigativa vera e propria, trovandoci in un’anticipazione di quello che è il dibattimento, entrano in gioco le parti, compreso l’indagato che fino a quel momento poteva essere all’oscuro delle investigazioni contro di lui. La testimonianza qui raccolta non è più una “fonte di prova”, ma diventa una “prova” vera e propria. L’art 498 co.4 c.p.p. prevede che l’esame testimoniale di una persona minorenne sia condotto dal/la giudice (GIP o GUP), su domande e contestazioni proposte dalle parti, le quali, quindi, non potranno condurre direttamente i loro interrogatori nella cross-examination, salvo che la/il magistrata/o disponga diversamente. Contrariamente al procedimento penale, l’art 498 co.4 c.p.p. non obbliga il/la giudice ad avvalersi di un esperto in psicologia infantile. Non sancendo chiaramente chi debba effettuare l’audizione, alcuni ritengono che sia l’esperto a doverla condurre, mentre altre correnti di pensiero ritengono che nella stanza dove avviene l’ascolto è bene che siano presente sia il/la magistrato/a che lo/a psicologo/a con uno dei due che conduce e l’altro che interviene all’occorrenza. È sempre il/la giudice che decide la modalità a lui/lei più gradita, ma ciò non toglie che l’esperto suggerisca la metodologia in cui è meglio formato.

Da parte del/la magistrato/a, riveste certamente un ruolo fondamentale la scelta del/la consulente. Nessuna audizione è e sarà mai perfetta, ma la formazione e la competenza riducono i rischi a cui si va incontro. La professione psicologica si espande su molti diversi campi e non tutti sanno o possono fare tutto. Lo stesso Codice Deontologico degli Psicologi Italiani all’art. 5 prevede che l* psicolog* “riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione”. L’improvvisazione in questo campo rischia di fare gravi errori con pesanti ricadute.

Dott. Jacopo Bruni

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